Da domani non lavoreremo più per rimpinguare le casse del Fisco, ma ci avremo messo 12 giorni più dei tedeschi e addirittura un mese (30 giorni) più degli inglesi. E’ la Cgia di Mestre a ribadire che dal 3 giugno “scocca il tanto agognato ‘tax freedom day'”, che viene calcolato sulla base della ricchezza prodotta e del carico fiscale presente nel nostro paese e rende l’idea di quanti giorni sono necessari ai contribuenti italiani per onorare tutte le scadenze fiscali presenti durante l’anno. In sostanza, gli artigiani di Mestre prendono il Pil nazionale dei singoli Paesi e suddividono per i 365 giorni dell’anno, ottenendo così un dato medio giornaliero. Viene poi considerato il gettito di contributi, imposte e tasse che i contribuenti del Vecchio continente hanno versato al proprio Erario e lo si divide per il Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione è proprio il giorno di liberazione fiscale di ciascuna nazione presente nell’area dell’euro.
Quest’anno l’indicatore dice che “sono stati necessari ben 154 giorni di lavoro; 3 in meno rispetto l’anno scorso, ma 5 in più rispetto a 20 anni fa e addirittura 7 in più rispetto al 2006. Oggi, quindi, il popolo delle partite Iva, gli imprenditori e i dipendenti finiscono di lavorare per lo Stato e da domani, dopo 5 mesi dall’inizio dell’anno, cominceranno a guadagnare per sé e per le proprie famiglie”.
Estendendo il confronto con gli altri Paesi europei, in base ai dati del 2015 (ultimo anno per cui è possibile eseguire la comparazione), “i contribuenti italiani hanno lavorato per il Fisco fino al 7 giugno, vale a dire 11 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’Ue. Tra i nostri più diretti concorrenti solo la Francia ha registrato uno ‘score’ peggiore del nostro (174 giorni), mentre in Germania il ‘tax freedom day’ è scattato dopo 145 giorni (in anticipo di 12 giorni rispetto a noi), in Olanda dopo 137 giorni, nel Regno Unito dopo 127 (ben 30 giorni prima che in Italia) e in Spagna dopo 126 giorni.
Dal coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia arriva una indicazione per cercare di ridurre il peso del Fisco: “Con una spesa pubblica più contenuta potremmo ridurre anche le tasse – dichiara Paolo Zabeo – ma questo risultato sarà possibile solo con una seria riforma di federalismo fiscale. Grazie ai costi e ai fabbisogni standard e ad una maggiore responsabilizzazione dei centri di spesa periferici, i paesi federali presenti in Ue hanno dimostrato di avere una spesa pubblica più contenuta, un peso fiscale molto inferiore e una qualità e un livello di servizi offerti ai cittadini e alle imprese nettamente migliori dei nostri”.
Fonte: La Repubblica