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Disoccupazione, i numeri fanno paura. Quella verità nascosta nelle statistiche

Quando si parla di disoccupazione la cosa più semplice è elencare il solito numero – i soliti due numeri – e fermarsi lì. Sono quelli che sono stati ripetuti negli ultimi giorni: il tasso di disoccupazione generale è al 12,6 per cento, quello dei giovani fra 15 e 24 anni è al 43,3 per cento. Al crescere dell’età le cose migliorano, certo, ma restano tutt’altro che confortanti.
Eppure la realtà è più complicata, e se si scava più a fondo nelle statistiche il quadro diventa forse ancora più buio: sicuramente più sfaccettato. Eurostat e Istat raccolgono informazioni sul lavoro anche a livello regionale, aggiornate al 2013; e sono dati che mostrano l’enorme differenza che esiste non solo fra paesi europei, ma anche all’interno degli stessi.
Eppure, nel fare confronti fra paesi, i dati vanno guardati con prudenza. Il tasso di disoccupazione indica infatti quante sono le persone senza lavoro, ma solo fra quelle che un lavoro lo stanno cercando. Più di tre milioni, secondo le ultime stime: certo non un italiano su dieci o un giovane su due, come si sente dire ogni volta, ma comunque troppo.
Il paragone naturale è con i vicini spagnoli. Ma proprio iSpagna, che nella mappa della disoccupazione risalta come una grande macchia rossa, secondo la Banca Mondiale la partecipazione al mercato del lavoro è più alta – in particolare per le donne e nelle aree più povere. In questi gruppi, ovvero, sono molti coloro che dichiarano di essere alla ricerca di un impiego.
In Italia vale l’opposto: sono meno le persone che risultano alla ricerca di un lavoro e questo spinge il dato della disoccupazione verso il basso.
D’altra parte in Italia e Spagna il numero di persone effettivamente occupate, rispetto al totale della popolazione, è più o meno lo stesso. Dunque la differenza, tutto sommato, è molto minore di quello che sembra.
Non è il solo caso. In generale, prima di fare paragoni, bisogna fare attenzione a quei paesi in cui, per esempio, donne e giovani tendono a partecipare di più al mercato del lavoro. È il caso di Germania, Francia e – appunto – della stessa Spagna.

Questo però non vuol dire che la situazione sia grave ovunque allo stesso modo; al contrario. Proprio in Italia considerare solo il tasso di disoccupazione generale nasconde le situazioni più diverse: soprattutto in alcune province, soprattutto per i giovani – e ancora di più per le donne.
Tutti casi in cui la realtà è molto più difficile di quello che sembra. Prendiamo tre persone diverse: Luca, 40 anni, di Milano; Giulia, una trentenne romana; Sofia, appena diplomata a Napoli.
Il primo è riuscito a trovare lavoro, e come lui diversi amici e amiche: a Milano essere uomo o donna non fa grande differenza. Giulia salta da un breve impiego all’altro, ma con la crisi le cose sono diventate più complicate. Trovare un nuovo lavoro è difficile, e non solo per lei: a Roma succede lo stesso a una donna su sei nelle sue condizioni.
Sofia invece vorrebbe cominciare a lavorare subito dopo aver finito la scuola, ma non può. A Napoli per andare avanti ci vuole fortuna e bravura – o entrambe – quando tre ragazze su cinque come lei, pur cercandolo, un lavoro non lo trovano. Altrimenti la soluzione è la solita: emigrare.
Anche qui però bisogna fare attenzione: fra i 15 e i 24 anni molti ragazzi studiano ancora, quindi non cercano lavoro né sono – tecnicamente – disoccupati. Un gruppo che rientra nella categoria degli “inattivi”, come li chiama l’Istat, composto da poco meno di quattro milioni e mezzo di persone. Il problema vero riguarda invece 685mila giovani di quell’età che, usciti da scuola, un lavoro lo vorrebbero ma non ce l’hanno.
I dati smentiscono anche un altro luogo comune: che studiare non serve. Di nuovo, è vero l’opposto. Le persone con titoli di studio più elevati sono quelle meno esposte alle disoccupazione, e questo vale sia per gli uomini che per le donne.
Una differenza che – soprattutto al sud – è enorme: le laureate calabresi, per esempio, hanno un tasso di disoccupazione di 8 punti percentuali più basso delle diplomate, mentre le campane arrivano a 10. Per gli uomini è lo stesso, basta guardare la differenza fra laureati e diplomati siciliani: fra questi ultimi, ai tempi della crisi, il tasso di disoccupazione è doppio.
Altro che perdita di tempo: uno degli antidoti alla crisi, se mai ce ne fosse uno, sembra proprio lo studio.

DI DAVIDE MANCINO
fonte: espressorepubblica.it

4 risposte

  1. Il tasso di disoccupazione è doppio sia fra i giovani che fra gli adulti. C’è da mettere in conto anche gli esodati nel numero dei disOccupati.
    ALTRO CHE RIPRESA!!!
    SAREMO TUTTI MORTI SE ASPETTIAMO CHE I GOVERNANTI POLITICIZZATI RIESCANO A RISOLVERE LA SITUAZIONE.

  2. I media, sindacati, ISTAT, etc. hanno già dimenticato che la riforma penionistica, prevede l’allaccio dei propri contributi versati, in età lavorativa, per il calcolo della propria pensione. Perciò disoccupati giovani o ultraquarantenni, avranno pochi contributi versati. Perciò il “malessere2 continuerà anche dopo la pensione.
    Pochi contributi versati? Poca pensione!

  3. Basta con le prese per i fondelli, basta con la dittatura della grande finanza. Gli italiani vogliono contratti di lavoro che garantiscano uguali diritti e uguali doveri, sia nel pubblico impiego che nel lavoro privato.Tutti sono utili,nessuno è indispensabile.Se un tutore della finanza,un pubblico amministratore,un politico, un magistrato,un tutore dell’ordine e così via …..ha rubato alla comunità,deve essere licenziato in tronco ,deve restituire tutto il mal tolto moltiplicato per tre , pignorando anche i beni dei parenti fino al terzo grado e poi costringerlo a vivere con 500,00 euro la mese guadagnati come pulitore nei bagni pubblici dove vanno a fare pipì i suoi concittadini.Almeno si risparmiano le spese molto più gravose della detenzione .

  4. LA COSA PIU’ AGGHIACCIANTE A MIO AVVISO E’ IL SILENZIO TOTALE SUI DISOCCUPATI DAI 40 ANNI IN SU’ DA PARTE DELLE TV E DEI GIORNALI. ANCHE ORA I NOSTRI POLITICI PARLANO DELLA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE, DEI PENSIONATI MA MAI …..IN NESSUN CASO DELLA FASCIA DI ETA’ CHE VA’ DAI 35 IN SU’ COME SE NON ESISTESSIMO. TI FANNO SENTIRE INUTILE SENZA FUTURO.

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