Quasi 600 euro a testa. È quanto si spende, in media in un anno, nella terza età per il gioco d’azzardo: una cifra che per molti corrisponde a una mensilità di pensione. Quasi il 70 per cento degli over 65 dichiara di giocare almeno una volta all’anno.
Un giocatore anziano su tre ammette di essere a rischio o di aver già sviluppato una dipendenza patologica (16,4). Sono i dati che emergono da una ricerca nazionale del Gruppo Abele e dell’associazione Auser, presentata ieri a Torino.
L’indagine si basa sulle risposte di quasi mille anziani contattati dall’associazione in quindici regioni. Non è un campione rappresentativo dal punto di vista statistico, ma i dati raccolti sono tanti e fanno riflettere.
«Sembrano far emergere stime superiori a quelle generalmente note sulla valutazione del gioco a rischio. Finora si è sempre considerato che a sviluppare una patologia sono tra l’1 e il 3 per cento dei giocatori, come riportano gli studi epidemiologici. Le nostre rilevazioni sono molto più alte» dice Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele. Dati allarmanti, dunque. Ma da cosa possono dipendere? Secondo la ricerca, i dati più bassi sono dovuti al fatto che «precedono il boom della smodata diffusione del fenomeno, che è diventato capillare, come la pubblicità ingannevole e martellante, al punto da creare bisogni indotti anche tra le persone più indifese, come i minori e gli anziani».
A definirsi giocatori ad alto rischio sono stati gli anziani stessi, rispondendo al questionario, che riportava una versione ridotta di una scala che misura, in base alle risposte, il grado di pericolo.
Ma spesso si diventa consapevoli del problema quando oramai è tardi. Da un incrocio tra le risposte, emerge che i giocatori «a rischio» il più delle volte dicono di non avere problemi per le puntate in ricevitoria.
A giocare sono per lo più anziani dalla pensione modesta, il titolo di studio più rappresentato è la terza media. Il 41 per cento guadagna tra i mille e i 1,500 euro, il 23 per cento tra i 500 e i mille. La maggiore presa dell’azzardo sugli anziani deriverebbe dalla loro condizione di pensionati: maggiore tempo libero, risorse economiche pronte (magari frutto di risparmi), solitudine. Un anziano ha più da perdere di un giovane: magari i risparmi di una vita, ma poi è molto più difficile recuperare, perché si è ormai fuori dal mercato del lavoro. Inoltre i giocatori over 65 hanno frequenza di gioco più elevata dei giovani.
In tutto, gli anziani hanno dichiarato di aver speso in un anno 600 mila euro. Qualcuno è arrivato a dilapidarne 12mila al gratta e vinci e 30mila alle slot in un anno. Esplorate anche le preferenze al gioco. Vanno forte Lotto e Superenalotto (30 per cento), Gratta e vinci e lotterie istantanee (26,6), mentre è in discesa il Totocalcio (15). Una sorpresa sono le slot machine, in pratica disertate (appena 3,8), sono però le più mangiasoldi in assoluto (ben 183 mila euro sul totale).
«L’industria del gioco – si legge nell’introduzione alla ricerca – non conosce crisi. Ha raggiunto i 90 miliardi di fatturato. È sostenuta da agguerrite lobbie dentro e fuori il Parlamento. I costi giudiziari e sanitari per lo Stato sono di 6 miliardi di euro l’anno».
Dura la condanna di don Luigi Ciotti, che ha definito il gioco una rapina «fatta sotto l’ombrello protettivo dello Stato, che ha precise responsabilità, senza contare le infiltrazioni criminali». I dati della ricerca, pur se non scientifici, «hanno un valore indiziario: è molto preoccupante che siano giocatori patologici persino tanti anziani che non sono lasciati soli, perché raggiunti dai volontari delle associazioni, quali quelli intervistati».
di Fabrizio Assandri
fonte: avvenire.it
Una risposta
se è valido il concetto che chi inquina paga, le spese per curare le ludopatie devono essere interamente riversate sui gestori pubblici e privati, a consuntivo annuo, e non sulla collettività.