Nel 2014 gli incidenti stradali in Italia sono costati complessivamente circa 18 miliardi di euro. Lo dice un comunicato Aci-Istat diffuso oggi, in occasione della presentazione del rapporto annuale.
Il comunicato non dà indicazioni sui costi dei sinistri stradali negli anni precedenti. Ma un rapporto dello scorso anno del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indicava per il 2013 la cifra di circa 24,34 miliardi.
Lo scorso anno, dice la nota di Aci-Istat, il numero dei morti è calato dello 0,6% rispetto al 2013, quello dei feriti del 2,7%. In numeri assoluti, gli incidenti con lesioni a persone sono stati 177.031, con 3.381 morti e 251.147 feriti.
La mortalità stradale è però aumentata nelle città, del 5,4%. Nei centri urbani si concentra il 75,5% degli incidenti e il 44,5% dei morti. Il Comune con il più alto indice di mortalità stradale è Messina (1,6 morti ogni 100 incidenti), il valore più basso si registra a Bari (0,3 morti).
Torna ad aumentare il numero di decessi tra pedoni (578, +4,9% sul 2013) e ciclisti (273, +8,8%). Aumenta anche il numero di feriti gravi, sulla base del metodo di calcolo della Commissione Ue: + 16% sul 2013.
Secondo il presidente dell’Aci, Angelo Sticchi Damiani, occorre utilizzare almeno il 50% dei proventi delle multe per “per favorire la mobilità e la sicurezza stradale soprattutto in ambito urbano con attraversamenti pedonali moderni e visibili, percorsi ciclabili protetti, rotatorie efficaci a scongiurare i pericolosi urti laterali”.
Una risposta
A parte i dati statistici, che tutto sommato interessano più che altro gli addetti ai lavori, mi sembrano interessanti come argomento di discussione le ultime due frasi.
Spesso gli incidenti hanno come causa od almeno concausa una viabilità che andava bene quando circolavano i carri, non certo la gran mole di traffico attuale composta inoltre sempre di più da camion mastodontici, che si riversano su provinciali e statali a velocità come fossero nelle autostrade, che evitano oramai sistematicamente, e da suv spesso guidati anche da incapaci solo perché sono di moda: è chiaro che la convivenza con pedoni e ciclisti si basi più sulla fortuna che sulla reale sicurezza.
Oltre che per questo motivo, il fatto che pedoni e ciclisti siano maggiormente coinvolti in incidenti non mi sorprende più di tanto: più di qualcuno non sarà d’accordo, ma provo a spiegarmi e se si ragiona un po’ si deve concordare che in buona parte è dovuto a loro colpa o disattenzione; un conto è se uno sta tranquillamente passeggiando sul marciapiede ed un veicolo lo falcia perché esce di strada, un altro discorso è se uno attraversa la strada e viene investito: il veicolo potrebbe andare anche a 300 km/h, ma se si presta attenzione e non si pretende di attraversare magari all’improvviso, anche se si fosse sulle strisce pedonali, quel veicolo passerà comunque indenne.
Quelli che vengono definiti i “soggetti deboli” nella circolazione stradale hanno, anzi bisogna dire dovrebbero avere, almeno la stessa attenzione e responsabilità che deve avere un guidatore: un veicolo deve circolare sulle strade prestando la massima attenzione, il pedone ed il ciclista devono percorrere i marciapiedi e le piste ciclopedonali, ove presenti; se il veicolo svolta dovrà dare la precedenza agli altri, se un pedone/ciclista deve attraversare la strada deve dare la precedenza ai veicoli e tener ben presente che ci possono essere varie cause che possono mettere a rischio la sua incolumità e raramente per colpa del guidatore: ci può essere scarsa visibilità (ad es.: con nebbia; con pioggia e buio, per cui si hanno i vetri ricoperti di goccioline che rifraggono la luce dei fari delle altre auto ed in più il riflesso della strada bagnata, per cui praticamente non si vede quello che avviene ai lati; strade non o male illuminate; la gente che è tutta vestita di colore scuro, quindi invisibile da lontano; ciclisti senza fanali o con lucetta invisibile ed in più vestiti di scuro, anziché con fanali lampeggianti e giubbotto rifrangente; veicoli in senso contrario con fari regolati male e che quindi accecano; ecc.), oppure un malore improvviso del guidatore, o disattenzione dello stesso, od errata interpretazione delle intenzioni del pedone/ciclista, od i tempi di reazione che possono variare da soggetto a soggetto e da veicolo a veicolo, ecc.
Vediamo che queste cause, quasi tutte indipendenti dalla volontà del guidatore, possono rimanere pericoli solo potenziali esclusivamente con l’attenzione di chi deve attraversare la strada, consapevole che comunque sarà lui ad avere la peggio da un eventuale impatto, anche qualora dovesse avere ragione (si può chiamare “istinto di sopravvivenza”, che hanno tutti gli animali tranne, troppo spesso, l’uomo): prima di attraversare bisogna essere sicuri che il veicolo che, ricordiamolo, sta andando per la sua strada, sia in grado di fermarsi in tempo.
Un altro aspetto, comunque almeno in parte legato alla questione, è l’indisciplina di troppi ciclisti: molto spesso, anche in presenza di una pista ciclabile, in tanti pedalano nella sede stradale e per di più senza fanali, con tutti i rischi che ne conseguono ed a volte anche intralciando il traffico: a cosa serve quindi realizzare le piste, spesso restringendo di conseguenza la strada od eliminando parcheggi, se poi non vengono usate?
È un po’ come il vizio, sempre più diffuso, per cui si costruiscono le terze corsie in autostrada e poi la maggior parte dei veicoli percorrono la seconda e la terza corsia anche a velocità sensibilmente inferiore al limite, con la prima corsia quasi sempre libera: a parte il fatto che il codice della strada prevederebbe multe e decurtazione di punti della patente per chi non percorre la corsia più a destra possibile, questo modo di fare comporta elevati rischi di incidente ed intralcio al traffico.
Riassumendo, quasi tutti a seconda dei momenti si trovano in un ruolo diverso, basterebbbe che ognuna delle parti in causa si immedesimasse nella “controparte” ed avesse rispetto per essa, anche qualora avesse ragione lui: quando uno fa il guidatore deve ragionare anche con l’ottica del pedone/ciclista, quando uno va a piedi od in bicicletta o motorino deve valutare le difficoltà ed i problemi che gli altri devono affrontare e non dare per scontato che i veicoli devono/possono fermarsi a loro volontà.