La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della cosiddetta Robin Tax, ma solo ‘pro futuro’, cioè a partire dal giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza appena depositata, che per altro dovrebbe avvenire oggi stesso.
La cosiddetta Robin Tax è l’addizionale Ires (ossia l’Imposta sul reddito delle società) che tocca le aziende petrolifere ed energetiche, istituita con l’articolo 81 del decreto legge 112 del 2008. Si tratta del dispositivo del governo Berlusconi-Tremonti contenente “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria”.
A sollevare questione di legittimità su questa norma era stata la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, a seguito del ricorso proposto da una rete di punti vendita di carburanti, Scat Punti vendita spa, contro l’Agenzia Entrate di Reggio Emilia. Quindi la decisione della Consulta non avrà effetti retroattivi perchè, si legge nel dispositivo, questo “determinerebbe anzitutto una grave violazione dell’equilibro di bilancio ai sensi dell’art. 81 Cost.”.
Una eventuale restituzione dei versamenti tributari già effettuati, sottolinea la Corte, “determinerebbe, infatti, uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venire meno al rispetto dei parametri cui l’Italia si è obbligata in sede di Unione europea e internazionale”.
Resta il fatto che l’addizionale Ires va bocciata, secondo la Consulta, per una serie di motivi legati alla natura della misura, nata come imposta sugli extra-profitti che le imprese eneregtiche avrebbero ottenuto in una particolare congiuntura economica favorevole.
Invece, rileva la Consulta, l’imposta è una “maggiorazione di aliquota che si applica all’intero reddito di impresa, anziché ai soli sovra-profitti” che altrimenti, unitamente al carattere oligopolistico del comparto, potrebbero giustificare una tassazione differenziata nel settore.
Oltre a questo è stata rilevata “l’assenza di una delimitazione del suo ambito di applicazione in prospettiva temporale o di meccanismi atti a verificare il perdurare della congiuntura economica che ne giustifica l’applicazione”. Infine la Corte evidenza “l’impossibilità di prevedere meccanismi di accertamento idonei a garantire che gli oneri derivanti dall’incremento di imposta non si traducano in aumenti del prezzo al consumo”.
fonte: avvenire.it