Chiede il recesso perché internet non funziona, dopo sei anni riceve una fattura di 150 euro dal recupero crediti. L’odissea di un pensionato di Spinea alle prese con gli operatori telefonici

Spinea. Era convinto che quell’odissea iniziata ancora a ottobre 2018 fosse ormai solo un lontano ricordo. Ma, quando qualche giorno fa ha ricevuto una lettera da parte del recupero crediti con l’intimazione del pagamento di circa 150 euro, ha capito che l’incubo era ancora vivo e vegeto ed era tornato a materializzarsi quando ormai pareva svanito.

La storia di Franco Lazzarini, pensionato 74enne residente a Spinea, ha in effetti dell’incredibile. L’uomo, infatti, ha tentato per ben due volte, prima con Tim e poi con Vodafone, di installare a casa una connessione internet che ha sempre funzionato al rallentatore, al contrario di quanto promesso da entrambi gli operatori. Eppure a distanza di sei anni dalla richiesta di annullamento del contratto con Tim e delle relative fatture emesse a fronte di un servizio mai fornito, Lazzarini si ritrova ora con una nuova richiesta di pagamento, questa volta inviata come detto dal recupero crediti.

La vicenda, come detto, è tratteggiata da contorni assurdi. Nel 2017 l’uomo ha siglato con la Tim un’offerta per cellulare, telefonate illimitate e linea internet per un costo bimestrale di alcune decine di euro. Le cose sono andate bene per un po’ di tempo, dopo di che la linea internet ha iniziato a fare le bizze, passando da 7 mega promessi a meno di un mega, velocità lumaca che non consente alcuna operazione. Dopo una miriade di chiamate ai call center (più di cento, assicura l’uomo) per cercare di sistemare il problema, il 18 ottobre 2018 il 74enne di Spinea ha chiesto il recesso ma ha continuato a ricevere le fatture dell’operatore fino a che si è rivolto all’Adico e ha bloccato l’addebito banca.

Dopo questa disavventura Franco Lazzarini ha optato per la Vodafone e le cose sono andate allo stesso modo (se non peggio). Collegamento lentissimo, forse per un’assenza di copertura in zona, e bollette pagate senza ricevere un vero servizio. Il 6 novembre 2019 ha chiesto anche in questo caso il recesso ma la fatturazione è avvenuta lo stesso, senza soluzione di continuità. Il pensionato si è dunque rivolto nuovamente all’Adico che ha scritto alla compagnia telefonica per chiedere lo stop della fatturazione e il rimborso dei 200 euro per il modem, restituito al mittente.  

Ora, a distanza di quattro anni dal secondo recesso, ecco la lettera del recupero crediti da parte del primo operatore coinvolto, la Tim.

“Questo ci sembra un vero e proprio accanimento – commenta Carlo Garofolini, presidente dell’Adico -. II  socio non solo non deve un soldo né all’uno né all’altro operatore, ma addirittura ne avanza. E’ incredibile che a distanza di tutto questo tempo, a fronte di un palese disservizio e dopo aver pagato bollette indebite, il nostro assistito debba ritrovarsi a lottare ancora per questa vicenda che sembrava archiviata anche per la benevolenza dello stesso pensionato che non ha più maturato richieste di rimborsi, seppur legittimi. Quella fattura non è dovuta, nel modo più assoluto. Intanto, però, la comunicazione del recupero crediti ha riaperto una ferita morale che si stava cicatrizzando dopo tante battaglie portate avanti con grande e innata determinazione”.  

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