La Manovra 2025 è ormai vicina, e il governo Meloni si trova di fronte a delle problematiche complesse. Con un occhio alle pensioni e un altro alla sanità, la premier e il suo team stanno cercando di trovare risorse sufficienti per sostenere entrambi i settori, tenendo conto delle rigide regole fiscali imposte dall’Europa.
In particolare, si prevede di destinare due miliardi alla sanità, una cifra che potrebbe non essere sufficiente a fronteggiare le esigenze del sistema. Ma non è solo la sanità a preoccupare: le pensioni e le rivalutazioni saranno al centro delle discussioni per la Manovra del 2025, con ipotesi di stretta e tagli che non lasceranno nessuno indifferente.
Sanità, il tasto dolente del governo
Giorgia Meloni sa bene che la spesa per la sanità è una priorità non rimandabile. Da una parte c’è la necessità di far risalire il budget destinato al sistema sanitario, dall’altra c’è l’impossibilità di sforare i limiti imposti dall’Europa. Per ora, il governo ha previsto di destinare 2 miliardi alla sanità, una cifra che rischia di non essere sufficiente a fronte delle crescenti necessità del sistema.
Tra i giochi di potere in atto, Elly Schlein alza il tiro, proponendo un incremento di quattro miliardi per il Fondo sanitario, raddoppiando quanto previsto dal governo, con l’obiettivo di portare la spesa al 7,5% del Pil entro il 2028.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sta già lavorando su un piano che prevede una crescita graduale della spesa sanitaria, inserita all’interno del Piano strutturale di bilancio. L’obiettivo è di far crescere la spesa sanitaria a un ritmo superiore rispetto al Pil nominale, sfidando i rigidi vincoli europei.
Pensioni: stretta in vista e bonus per chi resta
Nel campo delle pensioni, la situazione non è meno complessa. Con la Manovra 2025, il governo sta valutando come intervenire per contenere la spesa pensionistica, senza però penalizzare eccessivamente i lavoratori. Nonostante le richieste della Lega di introdurre l’uscita anticipata a 41 anni di contributi, con una penalizzazione legata al ricalcolo contributivo, è difficile che nuovi canali di pensionamento vengano aperti. Si parla piuttosto di un irrigidimento delle attuali norme, con un possibile allungamento delle finestre di uscita che ritarderà il momento del pensionamento.
Per incentivare i lavoratori a restare attivi, il governo sta valutando l’introduzione di bonus mirati. Questi incentivi, ispirati al vecchio “bonus Maroni”, potrebbero spingere alcune categorie di lavoratori, come le forze dell’ordine, a rinunciare al pensionamento anticipato in cambio di un aumento dello stipendio netto, derivato dalla rinuncia ai contributi previdenziali.
Nel pubblico impiego si discute anche la possibilità di eliminare il pensionamento automatico al raggiungimento dei requisiti. La risoluzione obbligatoria del rapporto a 65 anni, per chi ha già versato 42 anni e 10 mesi di contributi, potrebbe essere superata.
Quota 103 e Opzione Donna: il futuro incerto
Tra le misure in bilico c’è Quota 103, che permette di andare in pensione a 62 anni con 41 anni di contributi, ma con una penalizzazione legata al ricalcolo contributivo. La scadenza della misura è prevista per fine anno, e il futuro appare incerto.
Anche Opzione Donna è stata oggetto di una stretta: ora è limitata a donne che assistono familiari disabili, che hanno invalidità o lavorano in aziende in crisi. L’età di uscita è stata elevata a 61 anni, riducibile solo per chi ha figli, e anche qui il ricalcolo contributivo riduce significativamente l’importo della pensione.
Rivalutazioni pensionistiche: inflazione e previsioni per il 2025
Sul fronte delle rivalutazioni pensionistiche, l’andamento dell’inflazione sarà determinante. Dopo un aumento del 5,4% per il 2024, le previsioni per il 2025 indicano un rialzo appena superiore all’1%. L’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, che guida il calcolo delle rivalutazioni, ha registrato una crescita annua dell’1,1% a luglio, lasciando presagire aumenti molto contenuti per il prossimo anno.
A fine ottobre, l’Istat fornirà i dati provvisori che determineranno l’incremento delle pensioni a partire da gennaio 2025. Solo a inizio anno si saprà se sarà necessario un conguaglio.
Fonte: QuiFinanza.it